venerdì 20 novembre 2020

2k 313p

Ora, se voi pensate che adesso andrò a raccontarvi la storia del gatto, ebbene, non avete capito un tubo di questo blog. E nemmeno dei gatti.

In particolare, riguardo a questa seconda cosa, è assurdo che un gatto vada a raccontare la propria storia a un umano. Per quale motivo dovrebbe farlo? Ammettiamo che si tratti del padrone di quell'umano (sì, intendo il bloggatore). L'umano non conosce ancora il suo padrone, perché evidentemente è cresciuto in cattività, nella sua bella gabbietta pulita (?), dotato di cibo, di un luogo deputato all'eliminazione degli scarti, di un giochino per passarsi via. Il computer è uno dei giochini preferiti per gli umani, in grado di tenerli occupati per ore, assopendone eventuali istinti sgradevoli, ma anche, a seconda del settaggio del computer, in grado di amplificarne aspetti animaleschi. Ad esempio, gli umani da combattimento vengono spesso allenati con computer opportunamente adattati, che li portano ad accrescere l'aggressività eliminandone in buona parte l'istinto di conservazione. Non tutti i proprietari di umani sono in accordo sull'utilizzo di questi metodi, ed esistono associazioni che propongono di decretare l'illegalità dei combattimenti tra umani.

Tornando al nostro umano-bloggatore, è evidente che a lui era stato fornito un computer semplicemente atto a fargli passare il tempo. Tuttavia l'umano appariva gravato di una certa noia, al che il gatto potrebbe aver pensato di cambiargli ambiente, il che spiega lo spaesamento del bloggatore nel trovarsi davanti un pianoforte (un umano al pianoforte è sempre un apprezzato elemento di arredamento) o una "casa" a lui sconosciuta.

Ora, fin qui tutto nella norma. Un buon gatto vuol bene al proprio umano, e cerca di rendergli la vita confortevole. Il fatto che il gatto in questione possa essere arrivato a raccontare all'umano la propria storia, ecco, questo inizia ad essere un po' troppo fuori dal normale, e dunque eviterei di scriverne oltre, per non essere denunciato alla Buoncostume.

mercoledì 11 novembre 2020

11.11.2020_11.11

Che poi diciamocelo che è tutta una convenzione, neh? Manciate di simboli alfanumerici buttati lì secondo un caso precedentemente stabilito, ma del tutto opinabile, no?

Dite voi:
- Siamo nel nove'
- 'mbre.
Rispondo io.
Già. E dunque? E niente, espresso in numeri(?) dovrebb'essere 9mbre, o addirittura, se volessimo sbilanciarci, qmbre o çmbre, artifizi grafici di dubbia resa, esponenzialmente inversi alla quantità di tempo che dovrei impiegare in altre cose.

Vogliamo dare i numeri? Be', io sì. Oggi è il 316° giorno dell'anno, potremmo dire 316*2020, quindi il 638.320.
Ma è anche l'undicesimo giorno dell'undicesimo mese (ma non era il nove?!), quindi 11*11*2020 (244.420), oppure 11*11 (121) del 2020, o ancora l'11 del 11*2020 (22.220).

Se vi gira la testa, e volete tornare alle confortanti convenzioni che vi hanno rifilato sin dalla nascita, oggi è un giorno espresso in 8 cifre singole, la cui somma è 8.
(boom baby)
Se invece che per quello delle cifre parteggiate per il partito dei numeri, allora è un giorno espresso in tre numeri, la cui somma è 2042.

...d'altra parte l'anno lo possiamo abbreviare alle sole ultime due cifre, quindi la somma di oggi è 42.


(sconvolgimento)

lunedì 9 novembre 2020

1/2k, 85p

Curioso, quel gatto. Il problema era da dove fosse entrato. Non c'erano porte o finestre aperte, quindi non poteva che essere passato dal buco della serratura. O dal camino, sempre che ce ne fosse uno.

Il blogger si guardò attorno perplesso. Non fece però in tempo a domandare "in che accidenti di posto mi trovo?", frase che avrebbe pronunciato con modi da smargiasso (probabilmente al fine di impressionare il gatto), che il felino, con un qual certo fare garbato, iniziò a raccontare la sua storia.

lunedì 2 novembre 2020

1/2k, 78p

Stava fissando lo schermo già da un po', sfiorando distrattamente il mouse ogni tanto, giusto per mantenerlo acceso. Si stava annoiando di tutto quello scrivere autoreferenziale. Ci voleva una complicazione, un'avventura.

Stava rimuginando sul termine avventura, quando si rese conto che in casa era entrato un gatto. Doveva essere entrato senza far rumore, a passi felpati, cosa che giustamente ci si poteva attendere da un felino, e ora era seduto sul tappeto davanti al divano, con aria noncurante.