sabato 10 ottobre 2020

3pDante

Se dovessimo definire Dante con tre "p" che cosa diremmo? "Poeta", senz'altro, lui è il sommo. "Parlatore"? Chi può dirlo? Magari balbettava, o s'intimidiva, o provava quella lieve stizza un po' snob tale da non desiderare di mettere gli altri a parte delle proprie parole (quante "p", qui! un'allitterazione!).

"Partigiano"? Questo sì. Da buon ghibellino lo si potrebbe ben definire di parte. E, per inciso, partigiano ma non "parmigiano", ch'egli era fiorentino, e lì di 'p' non ve ne sono.

E allor che altro? Prosatore? Pagliaccio? Pittore? Picaresco? Pittoresco? Papà?

Sì, Dante era papà. Anche se della sua posterità (Pòstero?) poco ci s'immischia, liquidata in una riga, o poco più, sull'enciclopedie.

Ma senz'altro "padre" - sì, sì, state quieti lì voi che saltellate con la mano alzata strillando "è il padre della lingua italiana!" -, questa la terza "p". 

Dante: il padre, il poeta, il partigiano.

Sempreché, come si diceva, si volessero applicar tre "p" (a) Dante.


Trepidante.

Come il Pinciuz, quando apprende che oggi è il 10 10 2020. E non tornerà mai più. 

giovedì 8 ottobre 2020

-sfumato-

Ho capito i danni del fumo durante una lezione di Paleografia latina.

E sì che l'attenzione non m'era mai mancata.

Notevole. E un po' bizzarro.